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lunedì, 14, Ottobre, 2024
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Gino Petrucco, una storia d’amore lunga 42 anni

L’incontro con le materie prime d’eccellenza per creare l’autentica focaccia genovese secondo Gino Petrucco.

La focaccia genovese

Gino Petrucco e la sua “ragazza”, una storia d’amore lunga e sempre attuale: 42 anni di passione smisurata, dove l’estro di Gino bambino si evolve fino a diventare passione. Forte, necessaria. Non andando bene a scuola, Gino decise di applicare la sua volontà di apprendimento in un settore a lui ben noto: la panificazione. Complice la famiglia, invischiata con la farina “fino al collo”nel forno ancora oggi in attività, il giovanissimo Gino trova nella manipolazione ­degli ingredienti tutta la poesia del mondo. Così, racconta di aver imparato in fretta e bene, con costanza e dedizione. Le stesse che oggi, 42 anni dopo, gli fanno ottenere la presidenza dei Panificatori Genovesi che, sulle coste del capoluogo ligure, ti rende pari di un’eminenza, capo di stato, re. Gino Petrucco di Certosa, quartiere divenuto tristemente famoso nel mondo a causa del Ponte Morandi, imperatore della sacra arte del saper fare.

La panificazione e i genovesi, un dna che fa rima con le dita unte, un racconto lontano e mai perso nel cuore e nella memoria che neanche il meteo avverso può fermare: il rito sacro della focaccia appena sfornata intinta nel cappuccino, sotto la tormenta o con 60 gradi all’ombra, imprescindibile. Ma questa è tutta un’altra storia davvero.

la focaccia di Gino Petrucco

Tornando alle dita unte, furono proprio quelle che nel ‘600, quando la focaccia era agli albori dei fasti odierni e veniva usata nelle cerimonie religiose come ostia, finirono nei guai: infatti, un editto riguardante i riti sacri impediva addirittura la contaminazione delle mani con olii vari, rendendo la focaccia, di fatto, da corpo sacro a cibo demoniaco. Forse dovevano inventare prima il cappuccino per chiarire le cose. Insomma, Gino Petrucco insegna tanto quando racconta della focaccia o “del pane teso”, come era definita forse la prima forma di focaccia apparsa al mondo, nel periodo egizio. Quello che più gli sta a cuore, però, è il cardine tra il bene e il male assoluto, la scelta prima e ultima su cosa sia giusto o meno utilizzare quando si parla della regina della panificazione locale: l’olio d’oliva, sempre e rigorosamente, extravergine. Non solo nella fase di preparazione dove la candida pasta trova conforto nelle pozzette di olio e sale ma anche nella spennellatura finale, a focaccia rovente da forno, che lucida ed esalta tutto il profumo e la fragranza della stessa. Non solo, il Signor Gino svela il trucco dei trucchi, ovvero: la guida all’assaggio, perfetto e corretto, della striscia di focaccia o, più adeguatamente, detta “slerfa”. Infatti, contraria a tutte le usanze che voglio l’occhio puntato sul fondo croccante, l’atto dell’assaggio primo e ultimo deve essere rituale e accompagnato dalla conoscenza del prodotto: la parte croccante superiore DEVE venire a contatto con la lingua perché, al primo morso, si devono sentire olio (per la scioglievolezza e per impastare meglio il boccone) e il sale (per il ricordo del mare) grazie agli ombrixelli, o buchi che custodiscono questo mix letalmente buono nel pre, durante e post cottura. Ora: sono 42 anni che il Sign Gino balla questo lento infinito con le materie prime, se non è poesia e amore (ingrediente imprescindibile nelle sue ricette) questo… altrochè film americani, composizioni scomposte, stravolgimenti infiniti. La focaccia ha poche, semplici regole scolpite nella pietra del cuore di ogni genovese e ha il Sign Gino Petrucco come custode del tempio: materie prime d’eccellenza, voglia di imparare senza stravolgere, costanza e assaggio dal lato del croccante. La bellezza a volte sa essere così semplice nelle perfette manifestazioni di sè…

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