Sta destando non poco malumore la decisione presa dal Governo nell’ambito del Nuovo Dpcm che vorrebbe la limitazione dell’asporto alle ore 18.00.
Diverse sono le rimostranze in atto per chiedere tutele e garantire agli esercenti del settore ristorazione la possibilità di mantenere aperta l’attività .
Tra le altre, Confartigianato ieri ha scritto una lettera al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli proprio a seguito dell’annunciato Dpcm in vigore dal 16 gennaio 2021.
Per Confartigianato tale provvedimento produrrebbe una palese discriminazione tra le imprese della ristorazione come bar, gelaterie, pizzerie e ristoranti, che potrebbero ricorrere alla sola vendita a domicilio dopo le 18.00 mentre i negozi di alimentari al dettaglio potrebbero continuare la vendita anche dopo le 18.00 con l’asporto di prodotti analoghi a quelli delle imprese di ristorazione.
Alle imprese della ristorazione rimarrebbe quindi la sola possibilità di fare consegne a domicilio, attività che per impegno richiesto e per oneri burocratici come la gestione della piattaforma on line, i materiali per la consegna, il personale per la consegna stessa, porterebbe a oneri finanziari e difficoltà a implementare, soprattutto per gli esercizi di piccole dimensioni a gestione familiare.
“Tale limitazione – spiega Confartigianato – potrebbe produrre nelle imprese della ristorazione una ulteriore riduzione del fatturato che diventerebbe certamente mortale per le imprese già penalizzate dal lungo lockdown e per le quali e misure di sostegno prese dal Governo si sono dimostrate palesemente insufficienti”.
Ancora, Confartigianato sottolinea: “Da parte delle categorie interessate vi è come sempre la massima responsabilità a continuare nell’adozione di tutte quelle misure (ingressi contingentati, sanificazione delle mani, rilevazione della temperatura, etc.) per preservare la salute dei consumatori senza però che possa essere pregiudicata la solidità economica delle imprese, la cui stessa sussistenza sarebbe questa volta gravemente minacciata da eventuali restrizioni alla loro attività di vendita diretta.
Anche qualora si siano registrati casi di incontri improvvisati in strada, assembramenti di persone davanti a bar e locali non può essere incriminata in via generale la vendita per asporto; si effettuino maggiori controlli e si perseguano coloro che hanno con il loro comportamento violato il divieto di consumare per strada i prodotti acquistati. Non è giusto che a pagare sia un’intera categoria che sta tentando con tutto l’impegno ed il rispetto delle prescrizioni di risollevarsi da una situazione economica talmente difficoltosa che ha provocato nell’ultimo periodo diverse chiusure delle attività non solo in via provvisoria ma definitivamente”.