C’è una novità in Valle Roja, nell’estremo ponente della Liguria, per la precisione a Trucco, un piccolo villaggio frazione della città di Ventimiglia, adagiato tra le colline e le Alpi Marittime italo-francesi, ricoperte di folti uliveti che da lontano sembrano morbidi piumini.
Davanti a noi una chiesetta rosa consacrata ai Santi Pietro e Paolo, una piccola piazza contornata anch’essa di ulivi, che di pomeriggio risuona del vociare festoso dei bambini; in sottofondo lo scrosciante scorrere del fiume Roja e l’incessante frinire delle cicale dalle campagne circostanti. In questo paesello, quasi dimenticato dagli stessi abitanti di Ventimiglia, non lontano dalla frontiera francese che porta al Colle di Tenda e poi su fino in Piemonte, ha preso vita da poco più di un anno il Ristorante Casa Buono che fa parlare di sé quel che basta per esaurire i posti a sedere ad ogni servizio. “Casa” perché i clienti siedono ai tavoli di quella che era una casa fino a poco tempo fa e che adesso è casa per me, Valentina Florio, e mio marito Antonio Buono, chef del ristorante.
Negli anni 70, 80 Trucco era conosciuta per la presenza di un ristorante popolarissimo, uno dei più frequentati della zona, che spesso viene confuso con il nostro, tanto è lo stupore per l’apertura di un nuovo locale proprio qui. “Ma è il Pallanca?” chiedono in tanti al telefono. “No, signora, è un ristorante nuovo, vada avanti… è un locale piccolo, accanto al bar del paese, di fronte alla terrazza che guarda il fiume. La aspetto sulla porta”.
Il ristorante è nuovo di zecca; prima le sue mura erano la casa dello zio di Mario, proprietario del bar, imprescindibile punto di ritrovo degli abitanti di Trucco e degli automobilisti che si trovano a passare da queste parti. Antonio ed io abbiamo realizzato una sala che dispone di otto tavoli di legno e quarzo bianco, bianco come le tende leggere di pizzo ricamate a fiori. Lampade provenzali, colori naturali, acquarelli raffiguranti scene di vita animale, arredano le pareti, una delle quali costituita dalle lisce pietre di fiume. La cucina, ricoperta di piastrelle colorate, è a vista, grazie ad una grande finestra e ad una porta vetro che annullano la distanza tra i cuochi e i nostri ospiti, cosicché questi possono anche scambiare qualche parola tra un piatto e l’altro.
“Come mai avete aperto proprio a Trucco, lontano dal centro?” è la seconda domanda che i clienti mi rivolgono, solitamente quasi a fine pasto, quando il ghiaccio è ormai sciolto. “È molto semplice, abitiamo qui. Quando conobbi Antonio, lavoravamo entrambi al Mirazur, dallo chef Mauro Colagreco, tre stelle Michelin e attualmente primo ristorante al mondo nella classifica “The World’s 50 Best Restaurants”.
Antonio è stato il suo souschef per sei anni, io sua assistente per quasi quattro. Ci siamo incontrati, conosciuti ed infine innamorati. Quando scoprimmo che presto avremmo dato alla luce un bimbo, Gioele, che adesso ha 10 mesi, decidemmo di intraprendere il nostro cammino per dare il giusto ritmo alle nostre giornate e trovare un equilibrio tra lavoro e famiglia. Io abitavo qui a Trucco nella casa dei miei bisnonni, Antonio si trasferì con me. Un giorno, scherzando, chiese a Mario di lasciargli fare un ristorante in una vecchia casa di sua proprietà che comunque era da ristrutturare. – Dalla a me, ci faccio un ristorante! – disse. Mario accettò. Ed eccoci qui.
Siamo consapevoli di essere fuori dal circuito cittadino, sappiamo che è una scommessa aprire un locale nel primo entroterra ventimigliese, soprattutto se si tratta di un entroterra umile, senza le nobili origini di un paese come Dolceacqua, alle spalle di Trucco, appena dietro la collina. Vogliamo mettere in valore questa vallata perché è casa nostra, perché la sua storia è ricca e affascinante, passa dall’Italia, alla Francia, in un territorio a lungo conteso tra le due nazioni; segue il corso del fiume, attraversa paesaggi da sogno, malinconici, impervi, montuosi che si aprono all’improvviso alla Valle delle Meraviglie di cui offriamo i prodotti alla nostra clientela. È una scommessa e alcuni in effetti avrebbero scommesso che non avremmo lavorato, qui a Trucco. La paura c’era inizialmente, certo, ma per il momento riscontriamo un grande favore e grande soddisfazione da clienti che si sono già affezionati ad un appuntamento fisso settimanale.
Casa Buono: il menu
Ciò che attira i clienti è senza dubbio la curiosità di assaggiare i piatti che Antonio, disperatamente appassionato per la cucina, riesce a tirare fuori dal cappello ogni giorno. Fino ad ora, la curiosità ha sempre lasciato spazio ad una rapita delizia e all’atteso gesto della mano che strappa un pezzo di pane per pulire il piatto prima che questo torni in cucina. “Fammi vedere il piatto. È pulito?” chiede Antonio a chi riporta le stoviglie in cucina. Lo sguardo cerca i segni della mollica di pane. Un sorriso compiaciuto illumina il suo volto e poi giù, di nuovo ricurvo sulle pentole fumanti, come uno stregone con il suo mestolo a rimestare salse di felicità.
Casa Buono offre ai suoi commensali un menu molto semplice: cinque piatti, suddivisi in due antipasti, un primo, un secondo e un dolce. Un unico menu degustazione che apre nuovi orizzonti di sapori, grazie ad abbinamenti inconsueti realizzati con ingredienti locali, che mettano in valore non solo l’ingrediente ma soprattutto la storia e la persona che hanno fatto quell’ingrediente. Così sul menu troviamo sempre i nomi dei produttori, di cui accenno la storia prima di poggiare il piatto sul tavolo dei nostri ospiti.
Per esempio, tre amuse-bouche: focaccia ai pomodori secchi ed erbe aromatiche del nostro orto, frisceu di fiori e miele d’acacia, grissino di polenta, lardo di Colonnata e cremoso al Grana Padano. Due antipasti: crudo di mormora, vongole, funghi porcini di Gouta; primizie di zucchini, trippette di baccalà, gamberi rosa e salsa al levistico. Un primo: paccheri Vicidomini, sugo di canocchia di mare, finocchietto selvatico e basilico greco. Un secondo: cernia, mandorla, asparagi bianchi e punte di abete. Ed infine il dessert: fragole favette, fior di latte alla rosa della Valle Scrivia e latte cotto di bufala.
Il menu cambia ogni giorno, ogni servizio offre sempre una novità. Niente di nuovo in realtà, si tratta della buona vecchia “cuisine du marché”. Si fa la spesa, si compra quello che c’è, senza diventare matti cercando piselli in estate. A metà mattina, le verdure, il pesce, la carne sono pronte per essere cucinate per la cena. Gli ingredienti sono così freschi che nemmeno passano dal frigo. E il giorno dopo, tutto daccapo. Mercato, cucina, e sala.
Il periodo di quarantena trascorso nella nostra casa ci ha regalato anche un orto di alberi da frutto ed erbe aromatiche. Antonio durante il confinamento forzato a causa del Covid-19 di quest’anno così inusuale non è stato con le mani in mano. Ha rivoltato la terra delle fasce disposte dietro casa, l’ha ripulita dai rovi e ha piantato un selezionato agrumeto, qualche albero da frutto, erbe aromatiche e fiori eduli.
Completiamo il pasto con un cesto di formaggi provenienti da Sospel, dalla Valle delle Meraviglie, dal Parco del Mercantour e dal Piemonte. Sospel, un tempo Sospello (l’anno di cessione alla Francia è il 1860), è un piccolo paese francese alle porte del Parco del Mercantour e a pochi passi dalla Linea Maginot, è stato a lungo il solo centro di produzione di latte di tutta la Costa Azzurra grazie all’abbondanza di pastori e pascoli nei dintorni. La tradizione casearia una volta molto forte sta lentamente scemando a causa dell’ingombrante presenza sul mercato della grande distribuzione; tuttavia alcuni pastori eroici resistono e mantengono viva, anche se come una piccola fiammella, la produzione di formaggi di altissima qualità e di incredibile bontà. Il Parco del Mercantour è stato anche uno dei teatri del ritorno della pecora brigasca, razza in via di estinzione fino a pochi anni fa, che grazie al lavoro appassionato di giovani pastori sta lentamente ripopolando i pascoli che da Breil-sur- Roja arrivano fino sulle cime del monte Casterino e della Valle delle Meraviglie. Nel giorno di chiusura del ristorante, Antonio ed io approfittiamo di una passeggiata in montagna per andare a trovare i nostri amici pastori e comprare loro qualche toma da proporre al ristorante. Il successo a fine pasto è assicurato.
La fine della cena è preannunciata dal profumo fragrante e soave delle madeleines calde agli agrumi che dalla cucina si diffonde in sala come un soffio dolce. Antonio sforna i morbidi dolci francesi a fine pasto per ringraziare i commensali della loro visita. Una madeleine che ci riporta tutti alla ricerca del tempo perduto…
Ristorante Casa Buono
Corso Cuneo 28 – Trucco di Ventimiglia (IM)
+393405188538
www.ristorantecasabuono.com
info@ristorantecasabuono.com