“In Liguria non serve essere un grande chef, i piatti si fanno da soli. Le materie prime sono eccezionali. Pesce fresco, un po’ di olio extravergine, il basilico e festa finita” esclama Bruno Barbieri. Parla con tutti, affabile e scherzoso, ma soprattutto entusiasta, sempre umile e con una gran voglia di far crescere chi è intorno a lui. Lo incontriamo a bordo di Costa Smeralda per la presentazione del nuovo logo e del nuovo modo di viaggiare di Costa Crociere, ma può succedere a chiunque s’imbarchi, magari da Savona, l’approdo ligure della ex compagnia genovese.
Barbieri, insieme ad altri due grandi chef Hélène Darroze ed Ángel León, è stato chiamato per studiare uno dei tre raffinati menu del ristorante Archipelago, composti da 5 piatti pensati per esplorare attraverso il cibo la parte di mare che si sta navigando, e i Destination Dish, singoli piatti creati dai tre chef per conoscere le destinazioni attraverso gli occhi e il palato stando a bordo, gustando in anticipo i piatti della tradizione del porto di sbarco del giorno seguente.
Una nuova filosofia di crociera che si affianca ad altre novità, ma noi qui siamo interessati a Barbieri. Il tributo alla Liguria dello chef romagnolo è una millefoglie al pesto con gamberi e salsa bianca di mare “una sorta di lasagna rivista in chiave ligure-genovese, io sono bolognese” spiega Barbieri.
È stato un bel gioco di squadra preparare questi menu, contaminazione gastronomica e collaborazione in cucina sono vincenti. Sempre. “La mia storia è cominciata sulle navi negli anni Settanta. Mi sono imbarcato su un volo da Genova a New York, dove mi aspettava la nave e l’armatore. La Superba è sempre stato un punto di partenza importante”.
Cosa significa stare nelle cucine di una nave con migliaia di passeggeri? “Cucinare per tante persone non è mai banale, quando fai la spesa non acquisti un trancio di rombo, ma una tonnellata e se costruisci un menu non hai bisogno di 100 kg di materie prime ma 5 tonnellate. È un lavoro complesso, bisogna fare a meno di alcuni ingredienti difficilmente reperibili in certe parti del mondo, è fondamentale imparare le tecniche sul preparare per grandi numeri, io sostengo che il buon cibo è anche frutto di una buona organizzazione”.
Se lei non è sempre a bordo e in cucina preparano i piatti non identici ai suoi modelli, che succede? “Il piatto rispecchia la personalità dello chef, è normale che io crei un piatto che poi rifatto da altri ha qualcosa di diverso, può accadere, nulla di male, anzi un piacere vedere crescere le persone. Lo standard in cucina sulle nuove navi è molto alto. E abbiamo curato anche l’aspetto visivo, perché prima di pensare se una pietanza è piccante o salata pensiamo a fare una foto. Abbiamo pensato anche a quello!“