Se il Molise non esiste, figurati Calice al Cornoviglio.
E invece.
Siamo alle spalle di Sarzana, nella frazione della frazione di una frazione di un paese di provincia che posso assicurare non essere d’invenzione, ma effettivamente quando sei per strada e dopo la 68esima curva ancora non scorgi destinazione alcuna ti chiedi se ci arriverai mai, se tu non abbia sbagliato strada 68 curve prima, se Google Maps ti stia perculando.
Poi improvvisamente tutto si fa chiaro: i posti un po’ sperduti sono sempre i più belli e così, quando arrivi a Intatto, capisci che ne è valsa la pena fare un percorso un po’ inconsueto e poi beh stai andando ad incontrare il nuovo personaggio scelto per YLP (hai letto Beatrice Minuto?).
Cosimo Bunicelli mi ha accolta con il suo timido sorriso insieme alla moglie Oxana ed il piccolissimo Yan in quello che apparentemente sembra un rifugio incantato: il silenzio, il crepitio della legna per la griglia, il profumo del bosco, le erbe spontanee.
Dico apparentemente perché mi rendo conto di quanto lavoro richieda tutto questo spazio, tutta questa bellezza che rimane “intatta” ed è proprio il caso di dirlo, mai nome fu più azzeccato per una realtà così particolare ed autentica: grill restaurant all’aperto durante la bella stagione e azienda agricola nel resto dell’anno.
Voglio sapere qualcosa in più su questo giovane ragazzo dell’estremo levante ligure che parla sempre molto poco, ma si esprime assai bene in quello che fa.
Ciao Cosimo, primo Young scelto a rappresentare la provincia de La Spezia su YLP, come te la passi? Qualche impressione sulla stagione appena conclusa e su quella che verrà?
Domanda complicata, non scherzo, è un periodo di grande cambiamento sia a livello globale come tutti stiamo osservando, sia personalmente.
Da una certa prospettiva sono entusiasta: lo scorso 28 dicembre è nato Yan che ha portato una ventata di felicità rigenerante, la stagione di Intatto è stata ottima con un’altissima affluenza di pubblico, il meteo ci ha aiutato (sai abbiamo solo tavoli all’aperto) e inoltre sono stato coinvolto in un nuovo progetto che si chiama PIN, un grande spazio in centro a La Spezia che ha funzionato benissimo!
Da un altro punto di vista è stata anche una stagione drammatica: non siamo riusciti a trovare personale che ci aiutasse con la cucina, quindi è stata piuttosto dura.
La raccolta dell’uva per la vendemmia è stata pessima, il meteo non ha aiutato e a finire il lavoro ci hanno pensato i cinghiali. Lo stesso vale per l’olio, ottime olive ma per tutta la prossima stagione dovremo far conto su circa 30 litri d’olio (praticamente niente).
Tutto questo mi lascia in una sorta di limbo in cui sono felice per il presente, ma piuttosto preoccupato per il futuro. In soli 10 anni dalla nascita di Intatto abbiamo visto un cambiamento climatico importante e il clima per un’azienda agricola, che coltiva “il proprio territorio” senza alterarlo è una variabile a cui non si riesce a porre rimedio, coltivare diventa sempre più difficile. La mia visione per Intatto (lo suggerisce anche il nome) è a lunghissimo termine, un lento e progressivo miglioramento, in cui l’uomo aiuta la natura ad esprimersi ed a convivere come un unico elemento che resti “Intatto” per le generazioni future, quindi un po’ di preoccupazione c’è nel rendersi conto di quanto rapidamente il mondo stia cambiando.
Ce ne stiamo rendendo conto tutti inevitabilmente, chi prima chi dopo.
Hai detto però che avete lavorato molto, come definiresti il tipo di clientela che sceglie Intatto?
Molto varia, credo che la proposta di Intatto sia trasversale rispetto ai canoni classici di scelta di un ristorante (in effetti è difficile definirlo così) i nostri clienti vanno dai giovani 20-25 anni che magari si regalano una cena romantica o un aperitivo sotto le stelle, alle famiglie con bambini fino ai gruppi numerosi, molti ritornano anno dopo anno a vedere l’evoluzione e alcuni di loro oramai sono parte integrante della storia di Intatto.
Bellissimo quando le persone si affezionano ad un luogo e ad un’idea, forse per voi una delle più grandi soddisfazioni no?
Ma durante i mesi freddi a che cosa vi dedicate mentre Intatto è chiuso? Ci saranno delle novità nella vostra attività? Avete in mente qualche evoluzione che volete svelare in anteprima?
In genere a fine stagione ci dedichiamo alla pulizia e allo stoccaggio della legna, tutto il “carburante” dei nostri grill deve essere preparato e stivato per l’inverno e alcune colture si piantano già per la prossima primavera. Poi durante i mesi più freddi ci si dedica a qualche potatura, e nel frattempo pensiamo alla cucina del prossimo anno, io e Oxana lavoriamo in tandem per capire come organizzare l’orto e i piatti da proporre, bisogna incastrare bene le caselle per capire quando un ortaggio potrebbe essere disponibile, come potremmo usarlo, che varietà usare e quando piantarlo.
I prossimi passi per le attività di Intatto saranno l’apertura della cantina al pubblico per le degustazioni (assolutamente da assaggiare il loro vino ndr) e stiamo lavorando al progetto di un Glamping, ma è ancora presto per avere una data di apertura realistica.
Fermi mai insomma!
Mi sono sempre chiesta, come siete arrivati a “partorire” questa impostazione così unica della vostra attività? Quali sono state le ispirazioni? Qualche realtà che vi ha colpito particolarmente?
Il processo è stato semplice in realtà, siamo partiti da quello che avevamo a disposizione e da come potevamo rendere fruibile al pubblico gli aspetti che ci hanno fatto innamorare di questo luogo. Sicuramente tra coloro che mi hanno ispirato di più ci sono Virgilio Martinez che al Central di Lima racconta il territorio attraverso i suoi piatti che sono dei piccoli habitat riprodotti in miniatura. La cucina sulla brace di Victor Arguinzoniz di Etxebarri e gli studi sulle tecniche di cucina primitive e primordiali. Ma l’ispirazione viene sempre dalla cucina tradizionale ligure, perché è quella che maggiormente sfrutta le potenzialità dei nostri ingredienti locali e della stagionalità delle materie prime che possiamo produrre.
Sentir accostare Paesi Baschi e Liguria mi commuove…
Come sai questo magazine parla giustappunto di Liguria, perciò eccomi alle domande di rito: hai mai pensato di lasciare la tua regione? E se sì, come mai sei rimasto?
Sicuramente nella vita del cuoco l’idea di partire per immergersi in culture gastronomiche diverse è qualcosa di innato, fa parte del processo di scoperta e di consapevolezza di se stessi, quindi certamente ci ho pensato. Tuttavia ho deciso di rimanere perché ho creato una connessione profonda con il territorio, i “nostri terreni” fanno parte della famiglia, sono un’entità viva ed in evoluzione, sono al tempo stesso i nostri genitori perché erano presenti prima di noi, hanno vissuto il passato e ci raccontano la storia del luogo e i nostri figli perché rimarranno dopo di noi ed è nostra responsabilità prenderci cura del loro benessere, guidarli verso il futuro.
Guarda ti faccio un plauso perchè mi è venuto un brividino.
Senti visto che sei così bravo, se dovessi descrivere la tua terra in 3 parole quali sarebbero?
Natura, Piacere, Vita.