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domenica, 1, Dicembre, 2024
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Riapre l’Osteria del Bai, chef Arnulfo: “Lavorare sul territorio senza essere schiavi della tradizione”

Fra i suoi tavoli hanno pranzato i più grandi. Da Garibaldi a Mastroianni, da Eric Clapton a Robert De Niro. Poi, nel 2016 la morte del gestore Gianni Malagoli e la conseguente chiusura. Gli ambienti dell’Antica Osteria del Bai di Genova Quarto sono rimaste chiuse per cinque lunghi anni: ogni ligure che vi passava di fronte non poteva far altro che ricordare, nell’attesa che qualcuno riaprisse le porte di uno dei luoghi più iconici della ristorazione in Liguria.

Oggi quell’attesa è finita. Le porte riaprono dando il benvenuto alla seconda vita dell’Osteria del Bai. A prendere le redini del ristorante, che negli anni ha ottenuto anche una stella Michelin, è Agostino Catanzano, già gestore del Beautiful Looser. Ai fornelli sarà l’esperienza e la bravura dello chef Guglielmo Arnulfo a raccontare la Liguria con gusto, tradizione e innovazione. È proprio lui a raccontarci la rinascita dell’Osteria del Bai.

Guglielmo, qual è il progetto per la nuova Osteria del Bai?
Il progetto è semplice: ridare alla regione, alla città e all’Italia una location importante, per anni un vero e proprio monumento della ristorazione italiana. Non dimentichiamoci che l’Antica Osteria del Bai è nata ufficialmente nel 1792 ed è uno dei più storici ristoranti d’Italia, d’Europa e forse anche del mondo. Vogliamo riportarla in vita, era davvero triste vederla abbandonata. Vogliamo fare tutto questo dando però qualcosa in più: si riparte da dove il percorso è stato interrotto, all’insegna dell’eccellenza, non vogliamo ripartire tanto per farlo. Sedere ai tavoli dell’Osteria del Bai deve continuare a essere un’esperienza, un percorso gastronomico nei sapori della Liguria. Riapriremo tra poche settimane.

Si riparte dunque dalla cucina e dalla tua esperienza…
In realtà no. Personalmente, trovo che in un certo tipo di ristorante la cucina conti fino a un certo punto: la cucina ricopre solo il 40% dell’esperienza. Il 60% è composto dal servizio, dall’ospitalità, dal percorso che dalla prenotazione porta a sedersi al tavolo. La cucina in questo senso è una delle tre componenti dell’esperienza, ma non vogliamo ripartire dalla cucina. Ripartiamo da un insieme di sala, cucina e “customer care”: tre “gambe” fondamentali di uno stesso tavolo, dove nessuna deve prevalere sulle altre due. 

Si riparte anche da alcune novità?
Questo sì. Abbiamo dovuto fare una ristrutturazione importante dell’edificio e ciò ha portato ad un ritardo nell’apertura. I lavori sarebbero dovuti durare sei mesi ma alla fine hanno richiesto un anno. Dopotutto stiamo parlando di una struttura di base del 1100. Dopo la mareggiata e i danni alla sala principale, abbiamo dovuto metter mano alla struttura nella sua interezza, dall’impianto elettrico a quello idraulico. Questo però ci ha permesso anche di ridisegnare le aree del ristorante e soprattutto di inserire la novità della nuova gestione, rappresentata dalla terrazza.

Qual è stata, a tuo parere, la chiave del successo che l’Antica Osteria del Bai ha saputo raccogliere negli anni? Quale eredità per la nuova apertura?
Negli anni l’Osteria è riuscita a permettere una accessibilità che altri non hanno a Genova. E poi sicuramente la location ha giocato un ruolo importante. È un ristorante di location ma pur sempre all’interno della città. Il grande salto, negli anni Ottanta è sicuramente stato inserire la componente esperienziale di una cucina importante e una sala di livello. Oggi ripartiamo da lì, cercando di lavorare sul territorio ma senza essere schiavi della tradizione. Lavoreremo con produttori che ci diano prodotti di altissima qualità e a km 0, la Liguria si deve sentire anche all’interno dei piatti partendo dal prodotto di base.

Che cosa porterai nella cucina dell’Osteria del Bai dalle tue tante esperienze in Inghilterra?
Sicuramente la consapevolezza che il cliente debba essere al centro del nostro pensiero. E non perchè, come si dice fin troppo spesso, il cliente ha sempre ragione. Non è una politica in cui credo molto: in generale non mi è mai piaciuta la parola “cliente”. Credo invece che le persone che hanno voglia di venire a mangiare da noi siano in primis nostri ospiti e in quanto tale vadano trattati, dedicando loro più cure e attenzioni possibili. Attorno a loro va costruito un percorso quanto più possibile adatto ai loro gusti. Cercheremo poi di portare i più avventurosi lontani dalla loro comfort zone, con un menu degustazione dai sapori nuovi e sorprendenti.

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