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domenica, 16, Marzo, 2025
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La mitica storia della Bianchetta genovese

A volte gli eroi li abbiamo come vicini di casa ma non li percepiamo come tali. Insomma se il protagonista non è quello che vola sui grattacieli e spara ragnatele, la nostra fantasia non si fa coinvolgere volentieri. Il mio? È Andrea Bruzzone, sì, quello della Bianchetta.

Avete mai provato a fargli delle domande sul vino e le sue storie? Ebbene è una enciclopedia. Ne sa talmente tante che ha costruito anche un museo, esattamente di fronte alla chiesa di San Donato, la chiesa dove un tempo erano appese le catene del porto di Pisa, restituite (e visibili ancora ora) alla città toscana dopo l’unità d’Italia.

Dicevamo di Andrea. Si fa ancora conferire i vini dalle zone antiche della Bianchetta (ossia la Valpolcevera). Conosce ancora i nomi dei vecchi produttori. E sostiene che la storicità del vitigno arriva dalle colline di San Cipriano, proprio dove ora hanno creato l’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia). Altro versante alternativo per il vitigno: i pendii di Comago, che in virtù della bellezza delle sue ville, nel dopoguerra la chiamavano la Svizzera della Valpolcevera!

Fateci un giro, fianchi ripidi e sempre ventilati, un terroir fantastico ma praticamente sconosciuto e abbandonato dove la bianchetta ha sempre sguazzato. Attenzione! Non confondiamo la Bianchetta con l’Albarola: il grappolo è diverso, stessa importanza ma trattasi di altra cosa….

La Bianchetta Genovese

Quella della Valpolcevera è una doc tutta genovese. Proprio del comune di Genova, ma nemmeno tutto, infatti il confine est della denominazione corrisponde al tracciato della ferrovia Genova – Casella, inaugurata nel 1929 con locomotore quasi centenario. Credo sia una delle poche doc al mondo che ha come confine dei binari, bizzarro vero?

Se passate da Bruzzone, fatevi raccontare di “Lino da Casetta”, un pioniere che negli anni ’60 faceva tre passaggi in vendemmia per poter raccogliere la bianchetta nel miglior momento di maturazione. A San Cipriano, non in Langa, non in Borgogna. Una botte di quella cantina scomparsa, sia fisicamente sia dai ricordi, è ancora visibile nel museo davanti a San Donato.

Altra sottozona che cavalca la bianchetta per la sua acidità è quella di Coronata. Non mi perdo con tutte le leggende legate a questa località, ci vorrebbero ore di narrazione. Ricordiamo che  è una doc che prevede l’utilizzo di altri due vitigni in blend: vermentino e bosco. Esattamente come il Cinqueterre. Un vino cru dei Genovesi prodotto in poche colline. Ne parlò anche Marie-Henri Beyle in una sua storica pubblicazione, meglio conosciuto col nome di Stendhal a metà ottocento, nella pubblicazione di una delle sue opere più famose: Viaggio in Italia. Inoltre fino a pochi anni fa Genova era una delle poche città europee capoluogo di regione ad avere una denominazione (DOC) all’interno del territorio. Le altre due città erano Parigi e Vienna, alle quali sono sono aggiunte, molto dopo, anche Milano e Venezia.

Per concludere: Andrea Bruzzone gonfio di orgoglio ricorda come all’interno del palazzo di Barolo hanno costruito un bellissimo museo interattivo, e spocchioso ricorda a tutti: ”Sapete di cosa tratta la prima sessione video?” Ovviamente la scena è muta e la faccia degli astanti risulta interrogativa, cosicché lui abitualmente riprende: “Della Tavola Bronzea della Valpolcevera! Il più vecchio documento sul vino mai rinvenuto! Capite? Nella Nostra valle della Bianchetta!” Ma non divaghiamo, perché ne riparleremo.

© foto in apertura: Francesco Zoppi

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