Terra, territorio, tradizione. Sono queste le costanti che accompagnano una materia prima eccellente. Costanti che, nel tempo, sono diventate la filosofia del Ristorante Quintilio di Altare, in provincia di Savona. Ma terra, territorio e tradizione sono anche gli ingredienti immancabili di un cenone di Capodanno che si rispetti in Liguria. Da qui l’idea: perchè non chiedere a una realtà affermata come Quintilio, in attività dal 1869, di raccontarci il loro personalissimo menu di Capodanno?
Abbiamo quindi incontrato Lorena Germano, maitre di sala del ristorante e sommelier, che insieme al marito e chef Luca Bazzano porta avanti il locale con successo alla riscoperta dei piatti tipici della cucina ligure-piemontese. È Lorena a raccontarci di come, nonostante i tempi odierni il ristorante sia chiuso per Capodanno, negli anni passati Quintilio abbia sempre rispettato un menu tradizionale per la notte di San Silvestro.
“Negli anni in cui Quintilio era aperto a Capodanno ha sempre proposto le sue ricette storiche – racconta Lorena – Quest’anno siamo arrivati al traguardo di 154 anni di attività e siamo alla quinta generazione. Tra i piatti della tradizione serviti a Capodanno non poteva mancare il riso in Cagnone, un piatto tipico di Altare. È una sorta di torta di riso senza sfoglia ma cotto nel latte. Il piatto veniva cucinato anche per la festa di San Martino, ovvero la festa dei mastri vetrai. Di conseguenza il piatto veniva proposto anche a Capodanno come antipasto in segno di buon auspicio per l’anno nuovo. E poi era d’obbligo la nostra storica Minestra di Natale, fatta con un brodo di cappone, cardi gobbi, polpettine di carne di vitella e di maiale, fegatini di pollo e fegatini di vitello.
Per il secondo trovava spazio il cappone farcito con funghi secchi servito con due salse: la verde fatta con l’ultimo prezzemolo dell’orto (anche sotto la neve un po’ di prezzemolo resiste sempre) e la salsa rossa fatta con le interiora del cappone e pomodoro. Altro piatto storico erano le paste ripiene: focaccine di patate con all’interno la zucca di Rocchetta (presente oggi nell’Arca del Gusto di Slow Food). Per il dolce non poteva mancare il classico pandolce genovese basso con le castagne. Questi piatti li proponiamo tutt’oggi: la minestra di Natale ad esempio è presente nel menu lungo tutta la settimana prima di Natale e quella che va da Natale a Capodanno”.
Tradizione dunque, ma anche un forte legame con il territorio e con quello che aveva da offrire: “Essendo questa una terra povera, una terra di mezzo, la tradizioni erano sì liguri, ma dell’entroterra. Qui, per esempio, il pesce fresco non è mai esistito, si cucinava lo stoccafisso o le acciughe. Negli anni Ottanta, in cui un po’ tutti i ristoranti portavano il pesce fresco sulle loro tavole, da Quintilio l’unico pesce da proporre era l’acciuga con la bagna cauda, la buridda di stoccafisso e il brandacujun”.
Ma quali sono i piatti immancabili che non devono mancare sulle tavole dei genovesi e dei liguri a Capodanno? Lorena risponde aggiungendo alla tradizione quel pizzico di rivisitazione che non guasta mai: “Il pandolce genovese deve esserci, sempre. Anche il pesto secondo me non deve mancare: mi viene in mente un buon cappon magro con una salsa verde rivisitata con il basilico al posto del prezzemolo. Trovo molto adatti al Capodanno dei tortelli ripieni di magro in brodo, magari di cappone. Come entrée ci vedrei molto bene della panissa fritta, ottima per stuzzicare l’appetito. E infine il cotechino con le lenticchie, tante lenticchie per augurare a tutti un nuovo anno ricco di prosperità ”.