Anno nuovo, intervista nuova per YLP, la rubrica alla scoperta dei giovani talenti di Liguria, che non è più un paese per vecchi.
Quando penso agli orti di Liguria ho in mente immagini e colori ben precisi ed è subito Montale quando dice
“E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia”
…gli autoctoni sanno esattamente di cosa sto parlando.
Perché vi piazzo questa citazione poetica desolante è presto detto: torno nel mio amato Tigullio per incontrare virtualmente (di sti tempi non vorrei contagiargli la fattoria) un contadino contemporaneo che potreste aver già sentito nominare.
Si tratta di Fabio Costantini aka Fescion Farmer per i social addicted; un profilo Instagram da oltre 13mila seguaci, una comunicazione brillante, ma soprattutto contenuti interessanti e utili non solo per chi pensa di avvicinarsi al suo mestiere, ma anche per chi preferisce restare sul divano e imparare a fare una spesa più consapevole.
La storia di Fabio è la storia di un cambio vita piuttosto radicale, passato dal precedente lavoro da operaio alla totale immersione nella terra così, di botto.
Oggi poco più che trentenne (è anche marito, papà, un figeu per bene insomma) coltiva diversi ettari nella ridente San Massimo, frazione di Rapallo già celebre grazie al mitico ristorante U Giancu, per il quale non a caso Fabio coltiva il comparto vegetale.
Seguire Fescion Farmer significa imparare da dove vengono i prodotti che acquistiamo, la stagionalità, le procedure, significa imparare a mangiare consapevolmente.
Ah e questo non riguarda solo noi “grandi” come mi ha raccontato, quindi mamme di Liguria e non solo, se non sapete come convincere i vostri figli a mangiare le cose verdi nel piatto, Fabio potrebbe essere la soluzione che fa per voi.
Parto subito con le domande difficili: il tuo nome Fescion Farmer è dovuto al fatto che oltre che un bravo agricoltore sei anche un figo, giusto?
(ridacchia) “Fescion” è un nomignolo nato per scherzo, quando una mia amica abituata a vedermi sempre nei campi sporco di terra e vestito trasandato una sera mi vide elegante, talmente in contrasto con la mia quotidianità che mi disse: “Vorrai mica fare il contadino fashion adesso?” Al che le risposi “Niente male come idea!”
E fu così che cambiai nome al mio profilo Instagram decidendo appositamente di storpiare Fashion in Fescion… giusto per sdrammatizzare e non prendermi troppo seriamente.
Ringraziamo allora la tua amica per aver dato il via al tuo successo.
Raccontaci un po’ di te possibilmente tralasciando le parti noiose: dove hai imparato a curare la terra così bene, cosa ne pensa la tua famiglia di questa vita rurale, ma soprattutto ti piacciono le barbabietole? Io le detesto.
Iniziò tutto 6 anni fa. Era primavera e mio padre si ruppe una spalla.
Mio padre ha da sempre coltivato la nostra terra di famiglia per hobby, mentre io prima di quel giorno benché apprezzassi i nostri prodotti non ero molto avvezzo a coltivare… cioè preferivo proprio fare altro.
Ascoltai la mia coscienza e decisi di aiutarlo affiancandolo nell’orto durante i mesi di convalescenza, in modo che tutto il suo lavoro precedente non andasse perso e fu così che mi innamorai della mia terra e dell’agricoltura.
Da lì iniziai a piccoli passi, come un innamoramento lento, giorno dopo giorno presi sempre più “campo”.
I prodotti abbondavano sempre finché qualcuno venuto a sapere della mia nuova passione non chiese di acquistare qualcosa, allora presi una cassetta vuota, la riempii di tutto un po’ creando un mix delle verdure presenti nell’orto in quel momento e vendetti la mia prima cassetta delle mie prime verdure. Una soddisfazione!
La mia famiglia e specialmente mio padre penso non credette ai suoi occhi.
Insomma ero alla soglia dei 30 anni e non sembravo destinato al passaggio del testimone agricolo e invece…
Ok non vuoi dirci delle barbabietole forse ho toccato un tasto dolente.
Sei stato definito “contadino 2.0” (io azzerderei anche qualche numeretto in più) perché in sostanza la tua vita agricola non resta nascosta come quella di qualsiasi coltivatore, ma hai deciso di condividerla diffondendo contenuti molto utili, in qualche modo educando i consumatori e non solo. Quali sono i valori che vuoi trasmettere?
Appena iniziato questo nuovo lavoro iniziai a caricare su Instagram le prime foto sulla vita nei campi.
I miei amici passarono dal vedermi sorridente in posa su un lettino in spiaggia al vedermi con una gallina in spalla…puoi immaginare le prese in giro!
Scherzi a parte! Foto dopo foto, mostrando ciò che facevo, pensai di far risaltare i lati un po’ più nascosti del mondo agricolo.
Certo le foto delle cassette piene di verdure avevano sempre il loro fascino, ma quello che preferivo raccontare non era tanto il prodotto finale, bensì il percorso per arrivarci e questo mi portò da subito ad interagire con le persone interessate a capire i mei metodi, i miei problemi ortolani…iniziò uno scambio che va avanti anche oggi.
All’interno di questa reciprocità mi pongo sempre con molta umiltà senza mai dare consigli imperativi, tutto sommato sono pochi anni che tratto questo ambito e se c’è un settore che richiede di stare costantemente “con i piedi per terra” è proprio quello dell’agricoltura!
Poi certo, una volta iniziato il rapporto con il pubblico iniziai a capire di quanto la gente abbia le idee confuse in fatto di stagionalità, oppure di quanto ormai è abituata a soppesare i prodotti in base più all’aspetto esteriore che al metodo con cui è stata coltivata. Capii presto che c’era bisogno di comunicare, spiegare e direi proprio educare il consumatore.
Che tipo di agricoltura pratichi nei tuoi terreni? Sei un talebano biodinamico o hai altro da dichiarare?
La nostra agricoltura è semplice. Prima di tutto bisogna considerare che si svolge su terrazzamenti, questo significa che si è sempre a combattere contro la forza di gravità, su e giù per i sentieri dove a malapena passa una motozappa.
Con “agricoltura semplice” intendo usare il più possibile il letame dei nostri animali (capre, asini, galline…) per cercare di essere più autosufficienti possibili.
Ecco se adesso volessi fare il figo direi “per diminuire l’ingresso di Output all’interno della nostra terra (sarebbero like assicurati)! Se invece volessi fare un po’ di populismo agricolo affermerei “Coltiviamo come i nostri nonni!”, ma non è proprio così.
Se indaghiamo un po’ scopriamo che i nostri nonni coltivavano ed erano maestri nell’autosostentamento, ma furono anche coloro che (per chi se lo poteva permettere) adottarono l’uso della chimica e dei trattori. Quindi in sostanza posso dire che la mia agricoltura è fatta di molta ricerca, per capire cosa del nostro passato può essere ripreso e al contempo restare aggiornato su ciò che di nuovo si scopre e che può essere utile. Ah ho tralasciato una parola fondamentale: rispetto.
La tua attività comprende diversi progetti divulgativi, non solo social, ma anche sul campo -in tutti i sensi- per esempio coinvolgendo i più piccoli. Che esperienza è far scoprire ai bambini che le verdure non nascono sul banco del mercato?
Iniziai con i bambini un paio d’anni fa.
Mi chiesero se fossi disponibile ad ospitare nel mio contesto dei gruppi di bimbi con i loro genitori e data la mia zero esperienza con i bimbi ero un po’ titubante, specialmente tanti tutti insieme.
Oggi incontro quei bimbi per la mia città che ancora dopo tutto questo tempo si ricordano di quanto fatto insieme, da dove nasce l’uovo o magari del perché il letame e così tanto importante per quella cosa che si chiama humus… e al tempo stesso mi ricordo di quante cose fecero notare loro a me.
I bambini sono il senso più ampio che potessi dare alla mia campagna, pensavo di insegnare loro qualcosa, ma sono loro a insegnare a me una cosa unica: a stupirmi!
Non solo agricoltura, ma anche un sacco di animali con dei nomi bellissimi popolano il tuo feed e poi altri focus come quello della raccolta delle erbe spontanee. Hai in programma di tenere qualche corso anche per gli adulti per insegnarci a sporcarci le mani?
Ci tengo a precisare che gli animali che ho non sono per la produzione carne. Alcuni sono nati qui, altri li ho recuperati da situazioni di abbandono e adesso fanno parte della famiglia. Ciò che pretendo da loro è che mi facciano tanta cacca! (…) e in cambio gli offro un tetto e foraggio. Mi sembra un patto equo, no?
A fine mese terrò un corso online di agricoltura base in cui racconterò le mie esperienze, quindi rivolto agli adulti, lo si può trovare sui miei canali social.
Le erbe spontanee rappresentano un argomento che appassiona e intriga molti, dalle nostre parti sono molto richieste e non tutti hanno tempo e nozioni per riconoscerle.
Io ho un po’ di entrambi e così cerco di raccontarle, il che al giorno d’oggi mi fa sentire un privilegiato perché oltre ad avere la possibilità di vivere totalmente nella natura posso portare avanti la nostra tradizione ligure del preboggion!
Ok bene per la storia degli animali, non osavo chiederlo, sembra molto bello il vostro rapporto alla pari.
Vengo alle domande di rito di YLP, anche se mi sembri una persona davvero legata al tuo territorio, c’è mai stato un momento in cui hai pensato di partire per non tornare più?
No, fortunatamente direi che non c’è mai stato. Non nego che magari qualche piccola esperienza estera inerente a questo settore con il senno di poi mi sarebbe piaciuta, ma qui ho le mie radici ancorate molto profonde e se le avessi estirpate non sarebbe fiorito nulla.
Se dovessi descrivere la Liguria in tre parole quali sarebbero e perché?
FATICA, perché qui l’uomo ha dovuto lottare contro gli elementi terra e mare per poter sopravvivere.
FABRIZIO DE ANDRE’, perché è l’unico degno di poter far da colonna sonora a questi luoghi.
POESIA, perché “meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto”.
(direi che su Montale siamo allineati ndr)