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venerdì, 29, Marzo, 2024
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Il grande ritorno a Tellaro di Gianni D’Amato, lo chef preferito di Mario Soldati

È tornato tra gli ulivi e il mare del borgo di Tellaro, vicino alla Spezia, lo chef Gianni D’Amato, fantasia e talento da vendere, che con il suo ristorante Gianni D’Amato – Miranda si è subito fatto notare. Lo confermano anche i tre cappelli appena ricevuti dalla Guida dell’Espresso. Il suo è un nome arcinoto tra i buongustai e l’apertura nella Liguria di Levante è un ritorno alle origini. Lui è di Aulla, cuore della Lunigiana, e sua moglie, Fulvia Salvarani, conosciuta alla scuola alberghiera di Lerici, viene dalla bassa reggiana.

Ai tempi della scuola l’alberghiero di Lerici usava le cucine del ristorante La Gritta di Tellaro, che tra gli habituè vantava un personaggio del calibro di Mario Soldati. Quando a fine corso chiesero a D’Amato di preparare il filetto alla Wellington tra gli esaminatori c’ era pure il grande scrittore, giornalista, saggista e sceneggiatore. Fu un successo: 10 su 10. Poi è diventato una celebrità tra i palati fini per i suoi piatti: un tripudio di sapori, colori e profumi, in memoria del nonno “gli aromi della sua cucina si sentivano già dalle scale“, spiega D’Amato.

ciuppin di acciughe, aioli e pane alla brace

Abbiamo aperto il nostro primo ristorante, Il Rigoletto, ad Aulla nel 1987 – racconta Gianni D’Amato ed è stato la nostra palestra, poi nel ’98 abbiamo traslocato Il Rigoletto in una elegante villa di Reggiolo, vicino a Mantova, con un parco di piante secolari, dove abbiamo ricevuto le due stelle (2004). Dopo il terremoto siamo stati costretti a spostarci a Reggio Emilia, fino alla recente decisione di ritornare sul mare. La nostra scelta – mia, di moglie e di nostro figlio Federico – non poteva che essere Tellaro. Il locale si trova a 300 metri dal borgo, con una terrazza e un giardino ad angolo da cui si intravede il mare di Portovenere se non fosse per gli ulivi troppo alti che non si possono tagliare. È all’interno della Locanda Miranda, che nei primi anni Ottanta aveva una stella e – insieme a Paracucchi – è stata una delle due grandi eccellenze del levante ligure. Anche se bisogna dire che mediamente da queste parti si è sempre mangiato bene”.

Spaghetto affumicato latte di ostriche e cipollati al kamado e caviale

Che cosa propone nel menu?
La mia è una cucina personale, molto personale, creativa e moderna, ce l’ho dentro, fin da bambino. Uso prodotti dell’orto ed erbe spontanee, abbiamo la fortuna di avere una signora che raccoglie erbe selvatiche, fiori, asparagi tutto l’anno per noi, il nostro prebuggiun è da provare. Ovviamente vado tutti i giorni al mercato alla Spezia, girellando tra i banchi fioriscono idee, quindi il menu ha una base fissa mentre cambiano i piatti del giorno. Tra i grandi classici ci sono lo spaghetto Pomo d’Oro gambero rosso, il ciuppin d’acciughe, la zuppetta ligure del levante con i pescetti di scoglio, non mancano mai le acciughe fresche.

Poi ci sono la ricciola bruciata, ovvero laccata con la vaniglia e servita con le verdure al vapore e in agrodolce e con un’acqua al pomodoro a sua volta profumata alla vaniglia, il piccione declinato in tre o quattro piatti, ovviamente sempre il pescato del giorno servito alla brace con spuma di prezzemolo, patate limone ed erbe aromatiche. Prediligo i pesci di taglia grande: orate, occhioni (pezzogne, dentici di profondità), moroni (con la carne bianchissima e molto tenera e morbida), la ricciola, ma uso tanto il pesce del bacino ligure massimo del nord Toscana. Ho spesso i gamberi viola o rossi, e un must sono i muscoli ripieni al contrario, ovvero ripieni fuori e il muscolo dentro. Da provare il bun, una sorta di hamburger di muscoli, prezzemolo, maggiorana, maionese di muscoli e ketchup agrodolce fatto in casa”.

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